Le vicende del territorio compreso nella Riserva Parziale Naturale dei laghi Lungo e Ripasottile si riferiscono ad un’epoca assai remota.
Durante il pleistocene, il primo dei due periodi geologici dell’era quaternaria o neozoica caratterizzato dalla comparsa dell’uomo e dal grande sviluppo dei ghiacci in alcune fasi del periodo, la piana reatina era in realtà un solo grande lago, emergevano alcuni rilievi, piccoli isolotti di quel tempo lontano.
E’ noto (da approfonditi studi condotti proprio sullo specifico argomento) che il fiume Velino, con uno sbarramento travertinoso originato dalle proprie acque particolarmente ricche di calcare, svolse un ruolo fondamentale per l’origine dell’antico lago.
L’azione di deposito, alla confluenza del fiume Nera, (svolta dal Velino nella località non a caso denominata Marmore), nonché la continua e massiccia attività erosiva del Nera, portarono alla differenziazione di livello corrispondente alla situazione più o meno attuale in prossimità delle Marmore.
Così per un certo periodo, lo sbarramento travertinoso formò una sorta di diga e consentì l’espansione naturale del grande lago nella conca reatina. Nasceva dunque quel Lacus Velinus citato spesso dagli antichi classici.
A questa fase, che si può definire di massima espansione, ne seguì una successiva, caratterizzata dall’apertura di un varco naturale attraverso il quale defluivano parte delle acque del Lacus Velinus, che dunque si abbassò, con la formazione di terre emerse e paludose.
Sono di questo periodo, caratterizzato dunque da un Lago Velino storico, come è stato definito, gli insediamenti perilacustri riconducibili alla fine dell’Età del bronzo e alla prima Età del ferro, di cui sono stati ritrovati, soprattutto nell’area prossima a Piediluco, reperti archeologici.
Fino al III° secolo a.c., il lago Velino non subì variazioni; secondo gli storici si dovrebbe a Manio Curio Dentato la bonifica della Conca Reatina mediante scavi nella località Marmore, come riportato anche da Cicerone (Epis At. Att. IV, 15), mentre altri autori classici, tra i quali Plinio, non citano Manio Curio Dentato, ma tuttavia ricordano l’apertura della cava in Marmore e il deflusso delle acque del lago nel sottostante Nera. In pratica fu così che l’antico Lacus Velinus si ritirò, molte terre emersero e le acque si ridussero agli specchi d’acqua che corrisponderebbero al lago di Piediluco, di Ventina, Ripasottile, Lungo, Fogliano ed altri minori riconducibili alle lame attuali.
A questa riduzione delle superfici lacustri corrispose un notevole impulso delle attività umane, così lo stesso Cesare nel 59 a.c.. promulgò apposite norme di tipo agrario. Varrone, nella sua opera “De re rustico`, trattò aspetti agronomici e zootecnici dell’ambiente particolare della piana reatina, così come lo stesso Cicerone esprimeva positive valutazioni dei terreni della campagna reatina, paragonandoli a quelli più fertili in assoluto. Anche la pesca era in quei tempi assai importante. In tal senso si esprime Columella.
Successivamente la storia dei luoghi riguarda in qualche misura quella stessa dell’Abbazia di Farfa, che diventò proprietaria di una part e del lago.
La situazione relativa al regime delle acque non rimase costante nei secoli; così il fenomeno dell’impaludamento subì un aumento, attorno al X e XIV secolo, tale che furono modificate in senso notevolmente peggiorativo, soprattutto a causa della malaria, le caratteristiche ambientalì-abitative del territorio.
E certo che il paesaggio della piana nel corso dei secoli ha subito profonde modifiche proprio in funzione dei successivi innalzamenti o abbassamenti del livello delle acque, E’ interessante ricordare, tra gli altri avvenimenti di un certo interesse storico, l’insediamento, nell’ambito del territorio in questione, dei Monaci Cistercensi di San Pastore nel XII secolo. E’ pur vero che gli stessi monaci nel 1234 chiesero I autorizzazione a riedificare altrove, in luogo più salubre, il Monastero. Occorre giungere alla metà del XIII secolo perché si riaffermi la necessità di ribonificare di nuovo il comprensorio.
Un ruolo importante nella ripulitura del canale, fatto realizzare da Manio Curio Dentato, fu svolto dall’Abbazia di Farfa, proprietaria a quel tempo di gran parte di quel territorio.Il lago Velino caratterizzava dunque a tal punto la Piana Reatina che i collegamenti tra le varie località
Il lago Velino caratterizzava dunque a tal punto la Piana Reatina che i collegamenti tra le varie località avvenivano spesso in barca, come le testimonianze del tempo sottolineano. Lo stesso San Francesco, secondo le tradizioni e per quel che ci riferisce il biografo Tomaso da Celano, utilizzò per i propri spostamenti la barca e addirittura salvò persone dalle acque del grande lago. La situazione relativa al livello delle acque sostanzialmente non mutò fino al XV secolo. Sotto la Signoria di Braccio Fortebraccio, per far defluire le acque, si scavò un nuovo canale, chiamato prima Reatino e poi Gregoriano, , i cui lavori furono completati nel 1422.
In effetti, considerati i modesti risultati raggiunti, la situazione non si modificò di molto, così gli interventi si successero con l’impegno anche di eminenti personalità come l’architetto Antonio da Sangallo, che fece scavare la cosiddetta “Cova Poolino`. A Papa Clemente VIII nel 1596 si deve l’inizio di quei lavori che, grazie alla “Cava Clementina”, (in realtà un ritorno allo scavo del primo canale curlano), dovevano portare le acque alla situazione più o meno attuale. Inevitabilmente, nel corso dei secoli la storia di questo lago divenne storia politica, economica e sociale e storia della sua difficile convivenza con l’uomo: i Sabini, i Romani, i Cistercensi di S.Pastore, i Papi, tutta una schiera di celebri architetti furono per secoli impegnati nel problema dell’agro reatino: lago pescoso o fertile pianura?
Tanti secoli di bonifiche e di progetti portarono soltanto ad una soluzione parziale e temporanea. Bisogna attendere gli anni ’30, quando con la costruzione del canale di S.Susanna che convoglia le copiose acque dell’omonima sorgente direttamente nel fiume Velino, e collega i due laghi con un canale artificiale (la Vergara), e con la realizzazione di un impianto di sollevamento idrovoro nel lago di Ripasottile che trasferisce le acque in esubero nell’adiacente fiume Velino, per vedere risolto il problema della regimazione del livello dell’acqua nella parte più depressa della conca reatina. ln tempi recenti, con il progetto del Rimini, è stata regolata definitivamente la portata del fiume Velino immagazzinando le acque dei suoi principali affluenti Salto e Turano in serbatoi montani, formati con la costruzione delle dighe.
Le migliorate condizioni di salubrità del particolare ambiente portarono sin dalla fine del ‘700 ad un notevole impulso dell’antropizzazione del territorio, che oggi, con l’istituzione della Riserva, trova la possibilità di essere salvaguardato da future manomissioni che potrebbero stravolgere un ambiente straordinario dal punto di vista naturalistico, ma anche particolarmente sofferto dall’uomo nel corso della storia. Nebbia stagnante nella piana di Rieti vista dal Terminillo. L’immagine dà l’idea di come doveva presentarsi durante I’olocene il Lago Velino le piccole colline (Montisola, San Balduino, San Pastore) che sporgono dalla nebbia rappresentano le isole dell’antico lago.
L’ISTITUZIONE DELLA RISERVA
L’istituzione della Riserva Parziale Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile è un fatto di straordinaria importanza che risale al 1985, quando nel giugno venne emanata una Legge Regionale apposita, la n. 94, che tra l’altro affidava la gestione della Riserva stessa ad un Consorzio tra i Comuni di Cantalice, Colli sul Velino, Contigliano, Poggio Bustone, Rivodutri, Rieti, la Comunità montana Montepiano reatino, 5° zona.
Come sempre accade in queste circostanze, il percorso compiuto per giungere al positivo risultato finale è stato tuttavia difficile, irto di ostacoli. Invero il valore naturalistico e scientifico del territorio oggi compreso nella Riserva è stato sottolineato in varie occasioni: nel 1971 dalla Società Botanica Italiana – Gruppo conservazione Natura – che inserì i laghi nel “Censimento dei biotopi di rilevante interesse vegetazionale meritevoli di conservazione in Italia”; nel 1973 dal C.N.R. che incluse il territorio dei laghi nella “Cartografia delle zone di particolare valore naturalistico del Lazio”, in seguito ai numerosi studi di carattere geologico-zoologico-botanico condotti dalle Università di Roma, L’Aquila, Camerino; ed infine, dagli studenti dell’Università di Essen (Germania), che nel 1985 sotto la guida del Professor Peter Kramer (responsabile conservazione internazionale W.W.F. – U.I.C.N,) fecero uno studio interdisciplinare su tutto il territorio della Riserva e sul lago di Ventina evidenziando non solo le peculiarità già descritte ma rilevando specie animali e vegetali di grande interesse mai segnalate prima. Per molto tempo invero il pericolo di utilizzazione dei laghi diversamente dalla filosofia della Riserva è stato incombente a partire dagli anni ’70.